TurismoCos’è la Checklist Era e perché sta svuotando il senso del viaggio

Cos’è la Checklist Era e perché sta svuotando il senso del viaggio

Sta conquistando il dibattito sul viaggio moderno: si chiama “Checklist Era” e descrive perfettamente il nostro tempo.

C’è un nuovo termine che comincia a circolare nei convegni di settore, nei corridoi degli assessorati al turismo e tra chi, per mestiere o passione, osserva come si muovono oggi le persone nel mondo. Si chiama Checklist Era, e descrive con una precisione quasi chirurgica l’epoca turistica in cui siamo immersi: un tempo in cui viaggiare significa sempre più spuntare una lista di luoghi, esperienze, ristoranti, panorami, come se si stesse adempiendo a un obbligo più che vivendo un’avventura.

Il concetto è stato coniato da Ruben Santopietro, esperto di marketing territoriale e CEO di Visit Italy, durante un applaudito intervento al TEDxPadova, nel quale ha presentato la sua teoria delle 5 ere del viaggio: un percorso che attraversa la storia dell’uomo per spiegare non solo come è cambiato il turismo, ma perché viaggiamo in un certo modo.

Il dibattito ormai ha superato i confini nazionali, toccando Regno Unito, Stati Uniti, Francia e Australia, ed entrando su radio e TV internazionali. La BBC ha approfondito il concetto di Checklist Era in un suo articolo, così come Skift, la testata di riferimento mondiale sul futuro del turismo.

Questa teoria nasce da una ricerca personale e profonda, che Santopietro ha condotto per anni osservando, studiando ed ascoltando. Lo abbiamo intervistato. «Ho cercato di capire cosa ci spinge davvero a partire — non solo oggi, ma da sempre», ci racconta. «Ho parlato con viaggiatori, operatori, studiosi, residenti. Ho letto saggi di turismo, antropologia, economia, storia. E ha notato una cosa semplice, ma potente: il viaggio non ha sempre significato la stessa cosa».

Una nuova fase della storia del viaggio

Secondo Santopietro, il viaggio umano si è evoluto attraverso cinque ere:

  1. Survivor Era – quando ci si spostava per necessità, per sfuggire a un pericolo o trovare cibo.
  2. Imperial Era – in cui il movimento è legato alla conquista, ma nasce anche un embrionale concetto di villeggiatura.
  3. Commercial Era – con la nascita del viaggio d’affari, trovare nuove rotte, spostarsi per motivi commerciali.
  4. Cultural Era – con la nascita del viaggio culturale, il Grand Tour, l’esperienza riservata a pochi.
  5. Checklist Era – la nostra attualità: l’epoca del viaggio come prestazione da dimostrare.

Una svolta, quella della Checklist Era, che non riguarda solo il turismo ma il nostro rapporto con il tempo, con la memoria e con l’identità. Non ci basta più viaggiare. Dobbiamo farlo secondo uno schema condiviso, validato, possibilmente invidiabile. Dobbiamo “esserci stati”, meglio se con le prove fotografiche al seguito. E tutto questo rischia di svuotare il viaggio del suo significato più profondo.

Viaggiare come compito, non come desiderio

Non è raro sentire frasi come “devo assolutamente vedere X”, “non posso andare a Y senza fare Z”. Il linguaggio stesso ci tradisce: abbiamo trasformato l’esperienza in obbligo. È l’effetto più visibile della Checklist Era: l’idea che viaggiare significhi completare, non comprendere.

Dalle liste di cose da vedere ai luoghi da fotografare “perché tutti lo fanno”, si costruisce un turismo che si consuma velocemente, che passa ma non resta. Le città si svuotano di senso e si riempiono di folla. I borghi si trasformano in fondali per selfie. E noi, viaggiatori contemporanei, ci comportiamo come se il vero pericolo fosse perdersi qualcosa, non perdersi in qualcosa.

L’effetto boomerang

Il paradosso è che più cerchiamo di controllare l’esperienza, più ne restiamo distanti. Il viaggio, quello autentico, richiede tempo, silenzio, apertura. Ma la Checklist Era ci ha abituati al contrario: tutto deve essere rapido, condivisibile, capitalizzabile. È un turismo che non ascolta i territori, ma li utilizza. Che non cerca l’incontro, ma la conferma.

Santopietro non si limita a denunciare il fenomeno: lo inserisce in un contesto storico e culturale, offrendo una chiave di lettura che può – e forse deve – guidare il settore nei prossimi anni. Se abbiamo nominato questa era, possiamo anche iniziare a superarla.

E se il viaggio tornasse a farci cambiare?

Forse è proprio da qui che dobbiamo ripartire. Dal chiedere di meno “cosa c’è da vedere” e un po’ di più “cosa sono disposto a sentire”. Non si tratta di smettere di viaggiare, ma di riprenderne il senso. Perché certi luoghi non vanno solo visitati, ma abitati con lo sguardo. E certe esperienze non si lasciano fotografare, ma restano impresse da qualche altra parte.

La Checklist Era ci ha insegnato che possiamo avere tutto… eppure non sentire nulla. Forse è il momento di non spuntare tutto, e tornare a meravigliarci.

Redazione
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