Spiagge vuote e città piene: il turismo è in crisi o sta cambiando pelle? Scopri cosa c’entra tutto questo con il mio viaggio ad Istanbul.
di Ruben Santopietro
Agosto 2025 ha mostrato una fotografia diversa dal solito. Spiagge meno affollate, stabilimenti che a Ferragosto non hanno registrato il pienone, tratti di litorale che non conoscevano più il frastuono tipico dell’estate italiana. Una scena inedita, che ha subito generato titoli e commenti sulla “crisi” del turismo balneare. Chi mi segue su LinkedIn sa che di questo tema ho scritto spesso.
Ma i numeri raccontano altro. Nel solo mese di agosto oltre 18 milioni di italiani si sono messi in viaggio, con una spesa stimata di 17,6 miliardi di euro. Non un calo, semmai un cambiamento di prospettiva. Perché le abitudini sono mutate ed il concetto stesso di vacanza sta evolvendo. Non è più il blocco unico e immobile di due settimane sotto lo stesso ombrellone. È più qualcosa di simile ad un mosaico variegato di esperienze: più brevi, più intense, distribuite durante tutto l’anno.
Chi ha viaggiato quest’estate non ha guardato soltanto al mare. C’è chi ha scelto le città, chi ha cercato borghi e laghi, chi si è rifugiato in montagna. E c’è chi è andato dall’altra parte del mondo, in Giappone, in Corea, in Brasile o in Vietnam. Un tempo le mete lontane erano i “viaggi di una vita”, oggi sono accessibili con un volo low cost e qualche giorno libero. Non si va in vacanza più per rilassarsi, ma per raccontarsi.
C’è poi un aspetto che non possiamo ignorare: il bisogno di condivisione. La scelta di una destinazione non risponde più solo al desiderio di riposo, ma anche alla volontà di esprimere qualcosa di sé. Ne ho parlato mesi fa durante il mio TEDx sul nuovo senso del viaggiare. Non a caso un sondaggio di Booking.com del 2024 rivela che il 71% dei millenial e Gen Z sceglie una meta anche per la sua fotogenicità sui social. L’instagrammabilità non è solo un dettaglio marginale, è diventata parte integrante della motivazione. La vacanza diventa storia da raccontare, necessità di validazione sociale, identità riflessa.
È in questo contesto che si inserisce anche il mio viaggio ad Istanbul. Fino a pochi anni fa non era una meta estiva per eccellenza, e invece quest’anno l’ho trovata piena di viaggiatori. Ci sono arrivato in moto attraversando Italia e Grecia, fino a Costantinopoli, sulle orme di Marco Polo. Ed in pieno agosto la scena era chiara: visitatori da ogni parte del mondo. Un segnale evidente che le grandi destinazioni culturali stanno entrando nei radar estivi, intercettando flussi che un tempo si orientavano altrove e rispondendo al bisogno di intensità, scoperta e identità che tanti viaggiatori oggi cercano.
Le spiagge vuote e i bazar affollati non sono quindi immagini in contraddizione. Sono il riflesso dello stesso fenomeno. Non c’è stata una riduzione dei flussi, ma una loro redistribuzione. I dati lo confermano… nei primi 18 giorni di agosto l’Italia ha registrato oltre 15 milioni di arrivi, con una crescita del 9,3% rispetto al 2024. Il turismo non è in crisi, è in trasformazione. E questa trasformazione premia chi innova e penalizza chi resta fermo.
La sfida per l’Italia è chiara. Oggi il mondo ci guarda ancora attraverso una finestra ristretta, limitata all’1% del nostro territorio, sempre le stesse destinazioni colpite da overtourism. In Visit Italy lo diciamo da tempo… le destinazioni italiane non sono più in competizione tra loro, la competizione è ormai globale. Chi oggi decide dove andare non sceglie più tra costiera romagnola e Salento, ma tra Puglia, Grecia, Egitto, Caraibi o Messico. Prezzi, facilità di collegamenti e percezione della qualità incidono in modo diretto.
So quanto sia urgente allargare quella finestra, perché ogni giorno lo vediamo sul campo, lavorando per dare voce a quel 99% che resta invisibile. Con molte destinazioni abbiamo già iniziato un lavoro da diversi anni che sta portando a risultati importanti. Con molte altre stiamo iniziando ora. Ma occorre che sempre più territori lo capiscano ed inizino a lavorare in maniera efficace. Perché il futuro del turismo non dipenderà da quante persone riempiranno un luogo, ma da quanto quel luogo saprà trasformare chi lo visita.

