Una destinazione non muore perché passa di moda, ma perché smette di vivere nella mente delle persone. Cosa succede quando il racconto si interrompe?
di Ruben Santopietro
Pensiamo sempre che la forza di una destinazione sia scritta nella sua bellezza. Che basti il mare, una cattedrale, un borgo sospeso tra i monti per assicurarsi un flusso costante di visitatori. Ma non è così. La bellezza, da sola, non basta. Una destinazione che smette di raccontarsi non sparisce subito, ma lentamente inizia a scivolare fuori dalla memoria collettiva. È come un aereo che smette di tenere accesi i motori… non precipita all’istante, ma comincia a perdere quota.
Perché una destinazione non si sceglie mai solo davanti a una brochure o a una ricerca su Google o ChatGPT. Nasce molto prima, in maniera quasi invisibile. Come ho raccontato in quest’altro articolo, ogni scelta è il risultato di un puzzle che si compone nella nostra mente: un video che guardiamo senza pensarci, un’immagine che appare più volte sui social, un reel che ci viene girato nella chat di gruppo. Sono tasselli che si accumulano e creano familiarità. Se questi tasselli smettono di arrivare, il puzzle resta incompleto, e la destinazione viene pian piano dimenticata.
Non è solo una metafora, ma qualcosa che la ricerca conferma. L’Ehrenberg-Bass Institute, il più grande centro di ricerca al mondo sul marketing e sui comportamenti dei consumatori, ha studiato per decenni cosa accade ai brand quando interrompono la comunicazione. I dati parlano chiaro, dopo un anno senza pubblicità le vendite calano in media del 16%, dopo due anni del 25%. Più a lungo si resta in silenzio, più difficile è recuperare. Perché senza stimoli costanti, la disponibilità mentale si erode, e ciò che non resta impresso nella memoria diventa invisibile al momento della scelta.
Ma qui sta la differenza sostanziale. Promuovere una destinazione non è come promuovere un brand. Un brand, anche se smette di comunicare, può contare per un po’ sull’abitudine, sull’infrastruttura distributiva, sul fatto che è già sugli scaffali o negli e-commerce. Una destinazione no. Non la incontri per caso in un supermercato o su Zalando. Vive solo se viene richiamata con costanza alla memoria delle persone. Quando smette di raccontarsi, nessuno la “incontra” per caso, semplicemente smette di esistere come possibilità.
Una città che smette di raccontarsi lascia spazio ad altre, un comune che si ferma nella promozione perde occasioni di entrare nell’immaginario collettivo. Con i viaggiatori sommersi da stimoli visivi e narrativi e un mercato sempre più globale, il silenzio rappresenta un arretramento molto pericoloso.
È per questo che parliamo sempre di continuità. Non basta un picco, non basta una campagna estiva, non basta accendere i riflettori una volta e poi spegnerli. Serve una presenza costante, che rinfreschi i legami mentali di anno in anno, che mantenga viva l’associazione tra il luogo e le emozioni che promette. È quello che fa la differenza tra chi diventa familiare e quindi facile da scegliere, e chi invece si eclissa.
Lo dimostrano i progetti che portiamo avanti insieme a comuni e territori che hanno scelto di non spegnere mai il racconto. Arezzo, a lungo invisibile nelle mappe del turismo toscano, ha saputo trasformarsi in un caso di racconto efficace: nel 2024 ha superato 1,8 milioni di pernottamenti, con un +6,4% di arrivi stranieri che certifica l’impatto internazionale della sua nuova narrazione.
Tropea, che per anni è rimasta imprigionata nell’immagine da cartolina balneare, nel 2025 ha visto crescere del 19,1% le presenze dall’estero: un risultato che racconta come la destinazione stia conquistando finalmente un immaginario più ampio. E nel Nord Sardegna, con il progetto Salude & Trigu insieme alla Camera di Commercio di Sassari, il +33% di turisti americani nel 2024 non è un caso: è il frutto di cinque anni di presenza costante, di storie ripetute e di un lavoro capace di rendere familiare anche a migliaia di chilometri un territorio che prima era invisibile.
Il punto è semplice e radicale, una destinazione non muore perché passa di moda, ma perché smette di vivere nella mente delle persone. La promozione non è un lusso, è il motore. Non basta accenderlo una volta… serve continuità, ritmo, visione. È il lavoro che stiamo facendo in città come Genova, L’Aquila, Castelsaraceno, Monreale, Oriolo e in una rete crescente di comuni italiani che vogliono entrare e restare nella mente delle persone.



