Dall’overtourism alla strategia: come ridisegnare il turismo urbano valorizzando i territori, le comunità e le esperienze autentiche.
L’overtourism non è un concetto teorico: è una realtà che condiziona la qualità della vita urbana, l’identità dei luoghi e la sostenibilità economica e sociale delle nostre città. Come CEO di Visit Italy, vedo ogni giorno quanto sia urgente ripensare il modo in cui gestiamo e promuoviamo il turismo. Non per fermarlo, ma per guidarlo. Non per ridurlo, ma per distribuirlo meglio. Perché quando il turismo è progettato bene, diventa sviluppo equilibrato. Quando è lasciato al caso, diventa pressione e turismofobia.
La sostenibilità nel turismo non riguarda solo l’ambiente. Significa anche e soprattutto equilibrio tra la qualità della vita dei residenti e la qualità dell’esperienza dei turisti. Come ripeto spesso: «solo dove il benessere dei residenti è alto, l’esperienza turistica potrà essere altrettanto alta. Senza questa base, l’equazione non funziona».
Ecco perché la vera fotografia del turismo in Italia non è quella di città completamente invase, ma di destinazioni dove la folla si concentra in pochi punti, mentre altri restano ignorati. Non si tratta solo di eccesso, ma di squilibrio. Il termine più corretto infatti non è overtourism, ma unbalanced tourism: un turismo sbilanciato, dove il 70% dei visitatori stranieri si concentra su appena l’1% del territorio nazionale.
Il problema non è avere troppi turisti: è averli tutti nello stesso posto, nello stesso momento. Ed è proprio qui che bisogna intervenire, con visione, metodo e coraggio.
Ecco 10 soluzioni concrete e una visione di lungo periodo, per affrontare il fenomeno, partendo da ciò che funziona.
1. Biglietti dinamici e circuiti intelligenti: premiare chi esplora
A Roma, Firenze o Venezia, l’80% dei turisti visita il 10% del patrimonio disponibile. Una proposta concreta? Sconti sulle attrazioni principali per chi presenta il biglietto di musei o luoghi meno frequentati, incentivando un’esperienza più ampia e sostenibile. È una logica win-win: il turista scopre di più, il territorio respira meglio.
2. Tecnologie predittive per flussi in tempo reale
Non si può gestire ciò che non si misura. Alcune città europee, Amsterdam su tutte, stanno già utilizzando dashboard predittive che incrociano dati di ingressi, trasporti, meteo e prenotazioni. L’Italia può (e deve) fare lo stesso, anche partendo da progetti pilota nei centri storici più fragili.
Perché la vera emergenza non è “troppo turismo”, ma turismo mal distribuito. Serve spostare l’attenzione dal termine overtourism (dove sembra che la responsabilità finale sia del turista) al più realistico unbalanced tourism (dove la responsabilità vera è di chi governa il turismo). Solo così possiamo leggere correttamente il fenomeno: quartieri saturi e altri vuoti, residenti stressati in alcune zone, mentre a pochi chilometri di distanza si fatica a far sopravvivere l’economia locale.
3. Depolarizzazione intelligente: la forza dei territori “minori”
Con Visit Italy accompagniamo ogni anno destinazioni italiane in percorsi concreti di valorizzazione fuori dai radar. Ad esempio insieme a Salude & Trigu, nel nord Sardegna, stiamo dimostrando che si può attrarre un +33% di turismo internazionale puntando su eventi, identità e borghi autentici. A Tropea, da località balneare a modello strategico replicabile, il lavoro che stiamo facendo insieme all’amministrazione dimostra che anche un piccolo centro può diventare un riferimento nazionale, se costruisce un’identità chiara, una narrazione coerente e un’offerta integrata.
Lo stesso approccio lo stiamo portando avanti con successo a Genova, che si riposiziona come città d’arte, cultura e innovazione, e ad Arezzo, oggi riconosciuta come esempio nazionale di strategia, coerenza e visione di lungo periodo.
4. Limiti d’accesso flessibili (e comprensibili)
I tetti di visitatori giornalieri non devono essere percepiti come barriere, ma come atti di tutela. La chiave è nella comunicazione empatica: spiegare il “perché” prima ancora del “come”. A Pompei, ad esempio, il limite giornaliero è già realtà, senza danneggiare l’esperienza. Serve anche il coraggio di sperimentare limiti variabili, legati a condizioni reali e NON imposti rigidamente.
5. Tassazione mirata e reinvestita localmente
Il biglietto d’ingresso per Venezia (il cui nome preciso è: Contributo d’accesso a Venezia) può aprire una strada: se i fondi raccolti sono tracciabili e reinvestiti in servizi per residenti e sostenibilità ambientale, allora diventano leva e non ostacolo. Ma attenzione, non basta introdurre tasse, serve spiegare come vengono usate. La trasparenza è l’elemento che trasforma una tassa in fiducia.
6. Affitti brevi regolati con equilibrio (non con l’accetta)
Le principali città d’arte italiane rischiano di diventare inaccessibili entro il 2030. A Roma, Milano, Firenze – e non ultima Napoli, dove una casa su tre è oggi destinata ad affitto turistico – servono regole chiare, che frenino la trasformazione dei centri in dormitori temporanei. Ma non possiamo applicare le stesse soluzioni a tutto il Paese.
Nei piccoli comuni, nelle aree interne, servono approcci opposti: lì c’è bisogno di costruire offerta, attrarre investimenti, creare posti letto.
La Spagna, da questo punto di vista, è un modello di turismo diffuso: perché ha saputo promuovere l’intero Paese (ne parlo in questo articolo), portando visitatori anche in regioni meno conosciute come la Galizia, l’Estremadura o l’Aragona. Un risultato costruito con coerenza, visione e una strategia che valorizza ogni angolo del territorio. È la direzione giusta anche per l’Italia.
7. Turismo lento e destagionalizzazione reale
Parlare di turismo lento non basta, serve contenuto. Eventi culturali, esperienze enogastronomiche, residenze artistiche, sport outdoor: senza un’offerta progettata, l’invito a visitare fuori stagione resta lettera morta. Grazie al lavoro di destagionalizzazione realizzato insieme al Comune di Courmayeur, l’estate è finalmente diventata protagonista, non solo un riempitivo (a chi interessa approfondire, ne parlo qui).
8. Residenza turistica consapevole
Serve una narrazione nuova, più profonda e rispettosa: non sei solo un visitatore, sei temporaneamente parte della comunità che ti accoglie. Questo approccio va comunicato prima, durante e dopo il viaggio, perché non si tratta solo di informare, ma di trasmettere un senso di appartenenza e responsabilità. È anche una leva educativa potente: si viaggia meglio quando si comprende davvero dove si è e cosa quel luogo rappresenta.
Un esempio interessante viene dal Giappone, dove, coerentemente con la loro filosofia culturale, si sta combattendo l’overtourism educando i turisti al rispetto dei luoghi e delle persone. I giapponesi non si limitano a promuovere, ma insegnano come comportarsi. Ne ho parlato più approfonditamente in questo articolo.
9. Comunità locali protagoniste nella governance
Il vero cambio di paradigma avviene quando le strategie non sono calate dall’alto, ma costruite insieme. A Livigno o a Castelsaraceno, le amministrazioni hanno coinvolto imprenditori, residenti, giovani e operatori culturali nella definizione delle priorità. È così che un territorio diventa comunità e non solo destinazione.
10. Narrazioni nuove, emozioni antiche
In un mondo che ha già visto (quasi) tutto, il turista non cerca solo nuovi luoghi, ma significati. Vuole autenticità, emozione, identità. Il lavoro che portiamo avanti con Visit Italy in realtà come Oriolo, Ragusa o nei borghi marchigiani dimostra che le storie locali, se ben raccontate, valgono più di mille campagne generiche.
Non è solo una questione di visibilità, ma di profondità narrativa. Lo dimostra il fatto che GEO, l’equivalente francese di National Geographic, ci ha chiesto contenuti esclusivi per raccontare alla Francia tradizioni millenarie, poco conosciute, che abbiamo fatto emergere con cura e rispetto a Treia. È la prova che una narrazione autentica non solo emoziona, ma ispira.
La visione: dal “più” al “meglio”
L’overtourism non si combatte con proclami o divieti. Si affronta con dati, strategia, progettazione e ascolto. E soprattutto, con la consapevolezza che l’Italia non ha bisogno di più turisti, ma di turisti migliori e meglio distribuiti.
È in questa direzione che Visit Italy può davvero fare la differenza. Accompagniamo territori che vogliono crescere senza perdere la propria identità. Costruiamo percorsi su misura, narrazioni autentiche, strategie di lungo periodo. E i risultati si vedono: dove c’è visione, il turismo torna a essere risorsa. Non solo per chi arriva, ma sopratutto per chi resta.